L’accumulo forsennato e inumano di ricchezza, lo sfruttamento delle tante falle del sistema capitalistico, la sempre maggiore importanza attribuita al denaro come valore a sé, metafisico, assoluto.
Martin Scorsese nel suo ultimo film The Wolf of Wall Street, in uscita oggi nei cinema italiani, sembra voler mostrare come il parametro economico sia l’unica variabile disponibile e attendibile per comprendere la follia dei nostri tempi.
Partendo spunto dall’autobiografia di Jordan Belfort, fraudolento broker degli anni ‘90 finito giustamente in carcere, e rimaneggiandola insieme allo sceneggiatore Terence Winter (I Soprano, Boardwalk Empire), l’autore di Casinò e Toro scatenato propone un’inquietante quanto stupefacente discesa negli inferi allucinati del mondo degli affari in salsa yankee, dove il sogno americano di pochi diventa incubo per molti.
“Ci sono periodi di boom economico, grande euforia, tutti pensano che diventeranno ricchi e ogni cosa andrà bene. Poi avviene il crollo e si capisce che soltanto pochi si sono arricchiti e a spese degli altri.“
The Wolf of Wall Street, che ha guadagnato il singolare record di film con più parolacce della storia del cinema, rappresenta anche la quinta collaborazione del cineasta con quello che è ormai il suo attore feticcio, Leonardo DiCaprio.
L’interprete, autore di una prova che potrebbe finalmente garantirgli la vittoria dell’Oscar, si è calato nei panni trasudanti droga, eccitazione e lusso sfrenato del protagonista: “Jordan Belfort era uno di quei lupi che approfitta della mancanza di controlli per guadagnare una fortuna immensa. A mio avviso la storia incarna perfettamente quel periodo in cui le istituzioni finanziarie erano molto disattente.” Nel cast della pellicola della durata di tre ore anche Jonah Hill (L’arte di vincere), Matthew McConaughey (Killer Joe, Mud, Magic Mike) e Margot Robbie.
Nevrotico e dedito al culto della cocaina, Belfort dopo un avvio di carriera disastroso nel’ambiente di Wall Street – viene assunto e licenziato nello stesso giorno – decide di assecondare la propria sconfinata ambizione e finisce per fondare la propria agenzia di brokeraggio ad alto rischio.
Il successo delle sue operazioni spericolate lo costringe a divorziare dalla prima moglie, gli garantisce una stile di vita da magnate (tra una nuova moglie supermodella, orgie, droghe in quantità ed eccessi di ogni tipo), ma prefigura anche la sua inevitabile caduta causata da un’inchiesta dell’FBI.
Quella di Martin Scorsese è una commedia nerissima, quasi grottesca, che rinuncia alla condanna aperta privilegiando l’osservazione narcotizzata di un “eroe” dei nostri tempi: “È una storia profana che si oppone al sacro, l’osceno si contrappone all’onestà. Tuttavia, non è un atto di denuncia. L’oscenità e lo scandalo sono presenti e ben evidenti, anche perché fanno parte della nostra cultura. Tuttavia, ritengo che tutto questo faccia parte di uno stile di vita, che ti porta a evitare te stesso e ad avere paura di restare solo con te stesso“.