Argomenti trattati
Il XX secolo è stato estremamente rivoluzionario per la ricerca dell’uguaglianza.
Gli eventi a cui si è assistito forse hanno portato ad un’epifania collettiva, che con tempi più o meno lunghi ha portato a un cambiamento. Non sempre è stato facile, lo dimostra per esempio la storia di Frida Kahlo. Difficile anche quella delle femministe della seconda ondata negli Stati Uniti, raccontato nella serie Mrs America. Tina Anselmi, con un attentato in casa sua, ha confermato che non sempre si può trovare l’appoggio di tutti, ma che con perseveranza si può arrivare ad essere la prima ministra donna italiana.
Tina Anselmi (Castelfranco Veneto, 25 marzo 1927 – Castelfranco Veneto, 1º novembre 2016) è stata una politica e insegnante italiana. Cresce in una famiglia cattolica con padre farmacista e sostenitore del socialismo e madre occupata nell’osteria di famiglia studiando nell’istituto magistrale.
Le sue idee di resistenza, già maturate in famiglia, crescono quando durante un giorno di scuola del 1944 i nazifascisti la costringono ad assistere all’impiccagione di prigionieri per rappresaglia. Diventa quindi staffetta della brigata Cesare Battisti con il nome di “Gabriella”. Nel frattempo si iscrive al partito democristiano partecipando attivamente.
Terminata la guerra decide di proseguire gli studi laureandosi in lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con il sogno di diventare insegnante.
Manifesta il suo impegno politico anche nell’attività dei sindacati della CGIL finchè non fonda nel 1950 la CISL. Diventa dirigente del sindacato dedicato ai tessili fino al 1948 per poi passare alla tutela degli insegnanti fino al 1955. Dal 1958 al 1964 è incaricata nazionale dei giovani nella Democrazia Cristiana e 1963 entra nel comitato direttivo dell’Unione europea femminile.
Entra poi nel 1968 come deputata parlamentare per la circoscrizione Venezia-Treviso e si occupa di lavoro e previdenza sociale, igiene e sanità e infine di affari sociali. Uno dei problemi a lui più a cuore è il ruolo della donna e la concezione della famiglia, battendosi quindi per le pari opportunità.
Il 29 luglio 1976 viene eletta ministra del lavoro e della previdenza sociale sotto il terzo governo Andreotti, diventando la prima donna a raggiungere questa carica in Italia.
La sua figura riceve grandi attenzioni, viene infatti chiamata a presidiare per l’Italia nella World Conference on Women promossa dall’ONU a Città del Messico nel 1975. Nel 1977 è tra le prime sostenitrici della legge italiana che si apre qui alla parità salariale e di trattamento nei luoghi di lavoro.
Dopo la prima esperienza diventa anche ministra della sanità per i successivi due governi Andreotti dove istituisce con la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (L. 23 dicembre 1978, n. 833) il ritiro dal mercato di migliaia di farmaci pericolosi. Con questa legge viene ricordata come “madre della Repubblica” ottenendo l’appoggio di molti per una possibile candidatura a Capo di Stato. Il primo novembre 2016 si spegne anche per via del Parkinson diagnosticato 15 anni prima che le aveva causato anche un ictus.