Replicato in tutto il mondo, il karaoke televisivo è un vecchio format nato ben prima dell'era dei Format.
Era in auge in Usa e Giappone già negli anni '60, ed è divenuto popolarissimo da noi grazie al trascinante Fiorello, che lo portava in giro per le piazze negli anni '90 ripreso dalle telecamere di Italia Uno.
Alla prassi ricreativa del canto su base preregistrata, gli statunitensi hanno pure riservato un canale televisivo ah hoc (vedi link in basso).
Oggi, l'evoluzione del Karaoke si chiama Movieoke.
Lo segnala il magazine di Dispenser, rubrica di Radio Due Rai.
Anastasia Fite, attrice e regista di buone speranze- scrive Alberto Forni-… ha dato vita con gran successo al ‘Movieoke', il karaoke per amanti del cinema che sta impazzando nelle notti newyorchesi. Da un paio di anni, ogni mercoledì sera una nutrita folla si raduna al The Den of Cin, per dar vita ai sogni di celluloide offerti da Anastasia.
Ecco come ci si diverte con il Movieoke.
Gli aspiranti mattatori, selezionata la scena del film prediletto, salgono su un palco alle cui spalle è montato un maxi-schermo.
A questo punto Anastasia aziona il proiettore ed abbassa il volume. Il movieoker, tramite un piccolo monitor, può osservare il film, leggere i sottotitoli e dar vita alla sua interpretazione da Oscar. Va da sé, che più è scarso, più il pubblico si divertirà.
Nel Movieoke non esistono regole fisse: ognuno è libero di rileggere il proprio mito a piacere. I più motivati, ad esempio, arrivano preparati, battute a memoria e costume di scena, per impersonare il De Niro di Taxi Driver che sbraita: "Stai parlando con me? Ce l'hai con me?".
Alcuni, invece, si limitano a mimare come se stessero giocando a sciarada. Altri ancora, preferiscono rivisitare scene celebri in chiave comica…
Anche in Italia esiste uno show simile.
E' basato sul doppiaggio parodistico in vernacolo livornese di film celebri.
Lo porta in giro il suo autore, che si auto-battezza "presentatore stronzo": Paolino Ruffini, protagonista di alcuni programmi di Rai Due e di un film di Virzì.
"Un varietà volgare ed interattivo -lo definisce lui stesso- in cui il presentatore tratta in modo sboccato e volgare il pubblico che si esibisce in improbabili performance cinematografiche di varia natura".
Un movieoke televisivo forse non funzionerebbe: troppo selettivo. Adatto ai pochi cinefili che ripetono in modo paranoico le frasi celebri dei film.
Un format popolare deve rilanciare in chiave mediatica un'abitudine di vita che ci appartiene.
Tutti cantiamo sotto qualche doccia metaforica: ma solo Alberto Sordi scimmiottava John Wayne in Un americano a Roma, suscitando il disprezzo di chi gli stava vicino!
Pochi imitano Robert De Niro mentre si fanno lo shampoo: se non altro per evitare che i familiari ne richiedano il ricovero coatto in Psichiatria!
Se il coefficiente di penetrazione di un game show è simmetrico alla sua capacità di coinvolgere chi sta a casa, dunque, potremmo forse vedere un Movieoke al massimo su Rai Tre, in seconda serata.
La sadica variante degli insulti al pubblico introdotta da Ruffini, invece, sembra più avvincente.
Andrebbe bene anche nel prime time di una rete ammiraglia: Mammuccari docet!
La domanda (suggestiva) sorge spontanea.
Emulare Silvester Stallone chiusi in bagno, o davanti ad uno schermo televisivo, sembra pazzesco. Farsi prendere a calci in bocca da Mammuccari è invece indice di buona salute mentale?
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