Domani sera torna Ciao Darwin, e con Ciao Darwin torna Paolo Bonolis. Dopo aver giocato per tutta l'estate con uno spot pubblicitario che trattava l'eterno dilemma della tv (puntare sul nuovo o sul sicuro? Puntare sui nuovi volti o sulle stesse facce?) ecco arrivata la prova del nove. Già, perchè da Bonolis ci si aspetta molto, forse troppo.
Quel troppo ha un'unica provenienza demoniaca: il cachet. Bonolis è strapagato, ma visti i guadagni di tanti artisti televisivi non a sproposito. Lo reputo un professionista che in tv sa usare un tono semiserio con eleganza, anche se spesso lo fa con quell'aria da saputello che tanto fa imbestialire molti telespettatori; nel suo porsi però c'è comunque una certa ironia "di sostanza".
Vabbè, la spalla è quella che è, ma Luca Laurenti, dopo la momentanea separazione di qualche anno fa, è ormai tornato e non si scollerà più.
Ecco, Luca Laurenti. Chissà per quale motivo Bonolis lo adora; peccato, Luca è la palla al piede dei programmi di Paolo. Deve avere uno spazio, deve far ridere, e questo forza pesantemente le trasmissioni: alcuni siparietti tra i due sono da mani nei capelli. Succederà anche in questa edizione di Ciao Darwin.
Passiamo allora alla trasmissione vera e propria. Ciao Darwin, in primo luogo, è un format che, per una volta, non viene dall'estero. L'ha scritto lo stesso Bonolis, e questo è già un punto a suo favore. Non solo, è leggero ma "intelligentemente divertente", suntuoso e al tempo stesso semplice nella sua idea originale.
La stessa scelta delle "tipologie umane" che si devono affrontare è affascinante: nella prima puntata, ad esempio, si scontreranno Buoni e Cattivi. Sono curioso di vedere le due squadre.
L'unico neo di Ciao Darwin è proprio papà Bonolis. Ormai l'Italia è divisa tra coloro che sostengono il presentatore e coloro che lo odiano. Difficile far cambiare idea a quest'ultimi, soprattutto con un programma che già si conosce in partenza (le novità ci saranno, ma sono poche).
Non solo, da Bonolis ci si aspetta sempre troppo. Quello che viene descritto come un successo per molti, per Paolo può trasformarsi in qualcosa di mediocre. O in un flop.
Per spiegar meglio il concetto mi affido alle parole di una sua intervista.
Dopo vent’anni di televisione non penso di dover dimostrare proprio nulla. Ogni carriera è fatta di momenti alti e bassi. Serie A me l’hanno tolta quando stava al 27 per cento di share e dopo di me ha fatto molto meno. Con Fattore C sono arrivato nella fascia preserale quando stava al 14 per cento e l’ho portata al 24, tutti si strappavano i capelli, ma poi chi mi ha seguito ha fatto solo due punti in più.
Insomma, mercoledì, ne sono quasi convinto, qualsiasi sarà il risultato, si parlerà di un "nulla di che".