Argomenti trattati
Considerato uno dei padri del futurismo italiano, Umberto Boccioni è un uomo del XX secolo che si è dedicato all’arte tanto in via pratica quanto teorica.
Scopriamo la storia della sua vita e produzione artistica dagli esordi al successo.
Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 17 agosto 1916) è stato uno scultore e pittore e italiano. Cresce con la sorella, il padre Raffaele, usciere di prefettura, e la madre Cecilia trasferendosi dalla sua città natale a Forlì, successivamente a Genova e poi a Padova. Si stabilisce a Catania e qui assiste alla separazione della sua famiglia che lo porta a vivere con il padre e salutare la sorella e la madre, trasferitisi in Veneto.
Frequenta l’istituto tecnico, dove riceve il diploma, ma si avvicina all’ambiente umanistico iniziando a scrivere per giornali della zona.
Successivamente scrive “Pene dell’anima”, il suo romanzo datato 1900. L’anno dopo si trasferisce con il padre a Roma dove inizia ad avvicinarsi alla pittura insieme ad alcuni colleghi frequentando lo studio di Giacomo Balla.
Nel 1903 si iscrive alla Scuola Libera del Nudo e qui conosce quello che diventerà, oltre che un grande collega, un buon amico: Mario Sironi. Risalgono a questo periodo le sue prime opere come “Meriggio” o “Campagna Romana”. Segue poi un periodo di lunghi viaggi a Parigi, ma anchein Russia e poi a Monaco frequentando per un periodo anche il Regio Istituto di Belle Arti di Venezia.
Al suo rientro si dedica sempre di più all’attività pittorica trovando grande difficoltà ad inserirsi nella mentalità italiana, da lui considerata provinciale nel mondo dell’arte.
Nel 1907 si reca a Milano e qui si trova accolto dal fermento culturale tanto che passa le sue intere giornate nei musei a osservare opere di vario tipo, genere e anno di appartenenza. Nello stesso anno conosce il gruppo dei futuristi composto da Filippo Tommaso Marinetti, Gino Severini, Giacomo Balla e luigi Russolo con cui realizza il “Manifesto dei pittori futuristi”.
L’obiettivo del gruppo è liberare l’arte dai modelli passati per darle dinamicità, vivacità e soprattutto tratti più contemporanei e attenti all’evoluzione. I principali soggetti di queste opere sono il caos della vita quotidiana, le novità tecnologiche e tutto ciò che si lega al concetto di movimento. Questo si può osservare in opere come “Dinamismo di un ciclista” o “Dinamismo di un giocatore di calcio” che rappresentano lo stesso soggetto in fasi diverse del movimento.
Nel frattempo continua a studiare e formarsi dedicandosi quindi ad aspetti più teorici del suo lavoro. Si avvicina infatti ai pensieri di Henri Bergson, in particolare con “Materia e memoria” ma anche volumi di vario tipo come trattati storico-artistici tra cui alcuni dedicati alla scultura.
In questo periodo realizza però anche alcune opere diventate poi il simbolo del suo lavoro. Tra queste si ricordano “Rissa in galleria”, “Il Lavoro (La città che sale)” ma anche “Stati d’animo n.1. Gli addii”. Con l’arrivo della guerra si inserisce nel Corpo nazionale volontari ciclisti automobilisti ma in seguito a ferite importanti decede all’ospedale militare di Verona, dove si spegne a soli 33 anni.