Nord e Sud duellano nuovamente nell’ultima opera del regista di Incantesimo napoletano
Una delle caratteristiche più peculiari della comicità italiana (presente anche in altre culture ma probabilmente non con la stessa pregnanza) è il ricorso molto frequente alla contrapposizione tra Nord e Sud che si rispecchia nel confronto tra le usanze di regioni diverse, le inevitabili discrepanze linguistiche tra i dialetti di parti molto lontane del Paese, e il senso di campanilismo che la dice lunga sul successo del processo di unificazione dell’Italia, iniziato più di 150 anni fa.
Un boss in salotto, il film in uscita in questo primo giorno del 2014, è l’ennesimo tassello cinematografico all’interno di questo ambito antropologico, portato su grande schermo da un regista, Luca Miniero, che ha trasformato lo sfruttamento dell’ossessione nostrana per il dubbio amletico sull’identità del tricolore in un tratto stilistico.
Il cineasta, infatti, sin dall’esordio insieme all’ex sodale con Paolo Genovese ha giocato con i luoghi comuni che appartengono a Meridione e Settentrione: in Incantesimo napoletano una bambina nata da famiglia partenopea esibiva sin dai primi anni di vita abitudini, linguaggio e pretese tipicamente milanesi; quasi inutile poi ricordare Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, in cui gli stereotipi localistici venivano presi in giro, messi alla berlina, e in qualche modo confermati (pur se bonariamente) con il plauso del grande pubblico, che ha decretato l’enorme successo del franchise nato da un’operazione di remake di una pellicola francese.
In questa nuova opera il meccanismo narrativo è immediatamente scoperto: elogiare i tratti distintivi che hanno fatto la fortuna dell’idealtipo meridionale attraverso la riscoperta della proprie radici, in precedenza negate per conformismo, da parte di un personaggio.
Protagonista della pellicola è infatti Cristina (Paola Cortellesi), felice madre di famiglia di Bolzano con un marito molto preciso e un po’ imbranato, Michele Coso (Luca Argentero), e due splendidi figli dai piccoli problemi.
Tuttavia Cristina in realtà è Carmela, meridionale doc “sotto copertura” per ragioni di convenienza sociale: il suo travestimento viene scoperto dai suoi cari quando il fratello Ciro (Rocco Papaleo), con cui ha tagliato i ponti da 15 anni, decide di trascorre proprio in casa sua gli arresti domiciliari in attesa del processo per affiliazione camorrista. L’arrivo dello zio Ciro sconvolgerà gli equilibri della famiglia, inquieterà e incuriosirà il capo di Michele, Carlo Manetti (Ale) e la moglie (Angela Finocchiaro), ma sopratutto porterà un tocco di vitalità in un ambiente efficiente ma un po’ troppo rigido.