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Sull’onda delle manifestazioni per George Floyd, John Ridley sceneggiatore di “12 anni schiavo”, ha chiesto all’HBO di eliminare il film capolavoro del cinema americano, Via col vento. Il film, vincitore di 8 premi Oscar e considerato la massima rappresentazione dello spirito americano, è stato accusato di giustificare razzismo e schiavitù. Perché?
Nei tumultuosi giorni delle proteste di massa contro il razzismo e la violenza nei confronti dei neri, nati in seguito alla morte di George Floyd, anche al cinema viene chiesto di rivedere le idee alla base dei film che ne hanno fatto la storia. “Via col vento” è stato rimosso dal catalogo di HBO MAX, una piattaforma di film in streaming, come Netflix o Amazon Prime Video ma utilizzabile solo negli Stati Uniti. La società ha giustificato la scelta definendolo: “Un film del suo tempo che raffigura alcuni pregiudizi etnici e razziali che erano, disgraziatamente, dati per assodati nella società americana”. Ma la HBO ha assicurato che il film tornerà «con una discussione sul contesto storico e una denuncia degli stereotipi etnici e razziali rappresentati nella pellicola»
A dare il via a questa ondata di revisione dei propri contenuti televisivi con tematiche problematiche è stata la Disney. Sull’onda del movimento #Blacklivesmatter la casa di produzione ha revisionato il suo catalogo streaming online su Disney +. Per molti film, non totalmente politically correct, è stata comunque mantenuta la possibilità di visione agli utenti, sebbene il portale si sia premurato di avvertire il pubblico prima dell’inizio del film. «I cartoni che stai per vedere sono prodotti del loro tempo. Possono rappresentare alcuni pregiudizi etnici e razziali. Queste rappresentazioni erano allora sbagliate e lo sono oggi».
Questa la dichiarazione della Disney per esimersi da responsabilità e raccomandare agli spettatori di guardare i prodotti del passato con gli occhi del presente. Sulla scorta della Disney, anche la HBO ha provveduto a un’operazione simile, eliminando provvisoriamente “Via col vento” dal suo repertorio, ripromettendosi di ripubblicarlo una volta revisionato e storicizzato.
La pellicola, vincitrice di 8 premi Oscar, racconta la storia di Rossella O’Hara, figlia del proprietario di una piantagione della Georgia, e del suo amore per Ashley Wilkes, sposato con sua cugina Melania Hamilton. Ma il film non è solo la storia d’amore tormentata. Sul grande schermo vengono portati tutti quei pregiudizi razziali e discriminazioni etniche, che erano la norma nella società americana dell’epoca. Si tratta di temi che, senza una giusta contestualizzazione, potrebbero passare come giustificazioni di schiavitù e razzismo a chi non guarda il film con occhi storicizzanti.
La pellicola, sebbene sia un capolavoro del cinema americano, in effetti tende a romanzare l’era della schiavitù negli stati del Sud, presentando i personaggi di colore come delle caricature, delle figure tipizzate che mancano della profondità psicologica e caratteriale di cui sono invece dotati Rossella, Melania e Rhett. Insomma schiavitù, razzismo e stereotipi etnici diventano estremamente controversi se si pensa che il film ha romanzato la schiavitù in un periodo in cui la segregazione razziale non era stata ancora bandita dagli Stati Uniti.
A fare appello alla HBO, è stato il regista John Ridley, sceneggiatore di “12 anni schiavo”. In questi giorni di proteste di massa un film che idealizza la schiavitù, rappresentandola come un passato mitico con schiavi felici e fedeli ai loro padroni, risulta quanto mai problematico nel momento in cui quello che le proteste vogliono far emergere è proprio che la piaga del razzismo è ancora viva e non ha smesso di mietere vittime.