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Ci sono dei momenti in cui crescere donna è faticoso. Inizia quando da bambina cresci con la consapevolezza che tu apparecchierai la tavola mentre tuo fratello potrà giocare cinque minuti in più. Alle medie, quando devi nascondere l’assorbente sotto la maglietta per andare in bagno a cambiartelo. Poi al liceo, quando inizi ad uscire di sera, e non c’è giorno in cui un uomo non ti fischi. Inizia così la consapevolezza che non sempre sarà facile e che devi sapere di cosa si parla quando i temi sono la violenza sulle donne e il femminicidio.
Definizione di violenza sulle donne e femminicidio
Come suggerisce il nome, la prima riflessione va alle forme di violenza concentrate interamente sul genere femminile. È importante notare che queste possono essere molteplici e manifestarsi attraverso maltrattamenti fisici o psicologici, violenza domestica, atti di stalking, abusi, mutilazioni di genitali femminili e molte altre ancora. Il femminicidio poi, è l’atto conclusivo che porta ad un omicidio doloso per motivi di genere.
La misoginia qui descritta però non è altro che la manifestazione più concreta di quello che è un pensiero sessista radicato nella società. Se infatti vi sembra atroce rileggere le pratiche sopra descritte, pensate al tipo di narrazione utilizzata per raccontarle quando accadono.
Quando morire ormai non basta più
L’opinione pubblica, invece di punire chi commette un reato o violenza nei confronti delle donne, inizia a riproporre frasi come “l’ha uccisa perché l’amava troppo”, “bisogna vedere come era vestita quando l’ha stuprata” o “se girano le sue foto nuda è colpa sua, poteva non mandarle”.
La vittima potrà aver subito qualsiasi tipo di violenza, ma questo non basterà. Le toccherà essere giustiziata da estranei che penseranno sempre di non essere in grado di replicare alcuna forma di violenza che le è stata provocata. Però, faranno di peggio con le parole.
La violenza verbale di chi osserva
Quando emergono nei fatti di cronaca notizie di stupri oppure di omicidi verso le donne, si presentano sempre due fenomeni tra loro collegati: il victim blaming e lo slut shaming. Questi due neologismi inglesi significano, colpevolizzazione della vittima il primo e stigma per i comportamenti sessuali della vittima il secondo.
Concretamente si rifanno agli esempi precedenti per cui alla luce di una violenza ci si chiede come la vittima abbia contribuito a diventare tale. Cosa ha indossato per portare un uomo a saltarle addosso o come ha agito per attirare l’uomo tra le sue grinfie.
Questi due atteggiamenti sono estremamente pericolosi perché portano a giustificare le azioni dell’aggressore e allontanarsi dalla capacità di provare empatia. Questo si rivede spesso anche nei casi di revenge porn in cui una donna ha condiviso materiale di nudo ad un destinatario selezionato che l’ha poi condiviso a terzi. Il problema è reale in quanto ad oggi, sebbene sia reato, ancora si accusa la donna per aver deciso di mettersi in mostra.
Troppo spesso si dimenticano le emozioni provate da chi si trova incastrata in una situazione di violenza e non sa come reagire o allontanarsene. Fondamentale sensibilizzare quindi sul tema e fare di tutto per aiutare chi si trova in una situazione simile.