La ragazza che ha accusato di violenza l’imprenditore Alberto Genovese ha rilasciato dichiarazioni in un’intervista al Corriere della Sera.
La modella diciottenne racconta sia l’ambiente in cui si svolgevano le feste organizzate di solito da Genovese sia la notte in cui avrebbe subito lo stupro: “Mi ha costretto ad assumere droga, ha avuto paura di morire”.
La violenza che avrebbe commesso Genovese è un po’ la storia di uno stupro annunciato. Il ricco imprenditore 43enne era solito organizzare feste in cui scorrevano fiumi di droga e circondarsi di belle e giovani ragazze.
Con alcune di esse aveva rapporti sessuali, finché il limite del consenso non è stato superato, nella notte in cui ha abusato di una ragazza, per ore e ore. Nell’intervista la giovane vittima descrive la serata tipica delle feste, dice che era stata invitata da un amico e che nell’appartamento non c’era nulla di strano, se non la quantità di cocaina e cocaina rosa che circolava tranquillamente su piatti da cui tutti potevano attingere.
L’ambiente non sembrava pericoloso: “C’era gente che conoscevo del mondo della moda e della musica, età dai 20 ai 30 anni. Un bell’ambiente che non mi appariva pericoloso”. A Terrazza Sentimento, l’appartamento di Genovese nel cuore di Milano, la giovane era già andata due volte.
Il 10 ottobre scorso Genovese organizza un’altra serata. La ragazza si reca alla festa con un’amica circa per le 20.30, dopo due ore decidono di andarsene perché “lui aveva cominciato ad essere molto molesto nei nostri confronti, ci seguiva.
Era come se ci stesse puntando. Infatti, ci siamo dette: “Stiamo sempre insieme, non ci separiamo mai””- racconta la giovane. Quella serata era diversa dalle precedenti, la ragazza ammette che c’era un ambiente strano, “solo una ventina di persone, molte ragazze e non conoscevamo nessuno. Genovese non lo conoscevo […]. Non ci avevo mai parlato, non ci eravamo neanche presentati. Era arrogante.” Gli ultimi ricordi che la ragazza ha di quella sera riguardano proprio quei momenti, in cui credeva che l’imprenditore la stesse controllando, come se aspettasse che “qualcosa facesse effetto” commenta l’amico che l’ha accompagnata.
Siamo intorno alle 22, la giovane assume una sostanza volontariamente, da lì in poi però perde completamente la memoria e si risveglia il giorno dopo nel letto di Genovese.
I ricordi riaffiorano dal giorno seguente. La vittima, nel letto di Genovese, crede di aver avuto un incubo e gli chiede “Ma dove siamo andati ieri sera?” ma solo dopo l’arresto sa cosa le è successo davvero. Della notte appena trascorsa ha solo qualche flash.
“Avevo la sensazione che fosse successo qualcosa, ma era tutto talmente assurdo che ho pensato che fosse impossibile. Poi hanno cominciato a sovrapporsi i ricordi, i dolori, le manette, lui che si comportava in modo violento e voleva ancora costringermi ad assumere droga. “Pippa”, diceva. Ho capito che ero in pericolo di morte e ho mandato messaggi alla mia amica con il telefonino”. L’amica è arrivata subito sotto casa. A Genovese intima:” o mi fai scendere o lei chiama qualcuno”.
Appena scesa la giovane ferma una volante della polizia e chiede soccorso. Sono trascorse 20 ore da quando la ragazza era entrata, non sa come, nella stanza dell’imprenditore, 20 ore di sequestro.
Dopo la denuncia la ragazza commenta: “Non c’è soddisfazione maggiore per me di vedere quell’uomo a San Vittore per causa mia. Da quanto sta emergendo, ha fatto queste cose per anni a tantissime ragazze” e si rivolge alle altre ragazze dicendo: “queste cose possono essere più comuni di quanto pensiamo.
Se potessi tornare indietro, ci sono alcuni comportamenti che cambierei”. Lei, accusata da molti di essere una escort, una poco di buono, si difende dicendo che non ha mai fatto nulla del genere. Non le sono mai stati offerti soldi per andare a quelle feste e tutte le accuse che circolando la fanno soffrire molto. “Erano feste normali, non erano orge […] È come se volessero farmi pentire di essermi esposta e di aver denunciato.
Io ho fatto una cosa giusta, non capisco perché mi debbano trattare così. Mi aspetto di essere appoggiata”. Quando inizierà il processo dice che vorrebbe solo guardare in faccia il suo aggressore per vedere come la guarda.
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