Il patrocinio sarà statale e gratuito per tutte le vittime di violenza e non sarà più vincolante il reddito percepito.
Questa è la decisione della Corte Costituzionale nella prima sentenza del 2021. Per tutte le persone offese da reati di violenza, dai maltrattamenti in famiglia alla violenza sessuale allo stalking, ci sarà un ulteriore incentivo a denunciare.
La prima sentenza della Corte Costituzionale depositata nel 2021, di cui relatore è Giancarlo Coraggio, e dichiarata poi legittima dalla Consulta, ha eliminato la distinzione finora vigente tra vittime di serie A e di serie B.
Tutte le persone offese da reati di violenza avranno diritto al patrocinio a spese dello Stato e, di conseguenza, saranno rappresentate in tribunale gratuitamente senza pagare le spese legali. La legge sul patrocinio, infatti, prevedeva un limite reddituale, e cioè che vi fosse ammesso solamente chi era titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a 10.766 euro. Da adesso in poi il patrocinio statale, però, sarà automatico, indipendentemente dal reddito, e comprenderà tutti i reati di violenza: maltrattamenti in famiglia, le mutilazioni degli organi genitali femminili, le violenze sessuali, gli abusi sessuali su minori, gli stupri di gruppo, lo stalking e altri atti persecutori, la riduzione in schiavitù, la prostituzione minorile, la pedopornografia, il turismo sessuale, il sesso davanti a minori e l’adescamento di minorenni.
«La scelta effettuata con la disposizione in esame – si legge nella sentenza – rientra nella piena discrezionalità del legislatore e non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento, considerata la vulnerabilità delle vittime dei reati indicati dalla norma medesima oltre che le esigenze di garantire al massimo il venire alla luce di tali reati». La Corte rileva quindi che «nel nostro ordinamento giuridico, specialmente negli ultimi anni, è stato dato grande spazio a provvedimenti e misure tesi a garantire una risposta più efficace verso i reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, considerati di crescente allarme sociale, anche alla luce della maggiore sensibilità culturale e giuridica in materia di violenza contro le donne e i minori.
Di qui la volontà di approntare un sistema più efficace per sostenere le vittime, agevolandone il coinvolgimento nell’emersione e nell’accertamento delle condotte penalmente rilevanti».
La Consulta dichiara «evidente, che la “ratio” della disciplina in esame è rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale che ha l’obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità.
Valutazione che appare del tutto ragionevole e frutto di un non arbitrario esercizio della propria discrezionalità da parte del legislatore». La sentenza vuole trasmettere quindi un messaggio forte e chiaro: è fondamentale denunciare i responsabili di qualunque reato di violenza, e lo è ancora di più se analizziamo i dati relativi alla violenza sulle donne nel 2020. Solo nei primi 10 mesi in Italia si sono registrati 81 femminicidi e il 31.5 % delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza.
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