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Bauman sostiene che l’uomo abbia smesso di fare introspezione e di desiderare di conoscersi. Osserva che nei momenti di solitudine, che sia in auto o al supermercato, invece di raccogliere i pensieri, sblocchi il cellulare controllando i messaggi. Spera che qualcuno abbia bisogno di lui o che lo voglia. Questa riflessione parte naturalmente dalla chiave di lettura che il sociologo utilizza nella sua vita. Vediamo il pensiero che lo ha portato a maturare questo pensiero.
Chi era Zygmunt Bauman
Zygmunt Bauman (Poznań, 19 novembre 1925 – Leeds, 9 gennaio 2017) è stato un sociologo e filosofo polacco. Cresce in una famiglia ebraica e allo scoppio della seconda guerra mondiale decide di andare nella parte del paese sotto l’influenza Sovietica. Preso dall’ideale comunista decide anche di arruolarsi e alla fine del conflitto continua con azioni di spionaggio militare.
Nel dopoguerra si approccia alla sociologia all’Università di Varsavia. Collabora con diverse riviste specializzate tra cui la popolare “Sociologia di tutti i giorni” con il più grande seguito accademico. Dopo gli studi rivede le sue posizioni radicali sul marxismo e leninismo in seguito alla scoperta del pensiero di Antonio Gramsci e del sociologo Georg Simmel.
Nel 1968 ritornano ondate di antisemitismo che lo portando a migrare prima in Israele dove insegna all’Università di Tel Aviv, in seguito si trasferisce e accetta la cattedra all’Università di Leeds dove insegna per 20 anni.
Le sue teorie sulla società liquida
Per spiegare la postmodernità, Bauman si appoggia ai concetti metaforici di modernità liquida e solida. Sostiene che l’incertezza che caratterizza la società moderna deriva dalla trasformazione degli uomini, protagonisti del processo, da produttori a consumatori. Questo provoca uno smantellamento delle sicurezza e una vita che lui definisce liquida, frenetica, che porta ad adeguarsi agli altri (concetto di globalizzazione).
La sua esclusione sociale non si basa sull’essere estranei in senso essenziale, ma sul non poter stare al passo con la modernità e di conseguenza sentirsi esclusi. Questo risulta evidente quando si considerano le possibilità economiche per cui un povero, nella vita liquida, cerca di adeguarsi agli schemi comuni ma non riuscendoci per questioni pratiche si sente escluso dal ruolo di consumatore.
Risulta evidente che in una società che vive per il consumo tutto si trasforma in merce, uomo e relazioni comprese. Per riuscire quindi a restare al passo è necessario apparire come valore e consumo, inteso come utilizzo temporaneo di oggetti che possono appagare momentaneamente. Questa soddisfazione che si esaurisce brevemente porta ad una concezione del consumo analoga alle abitudini della bulimia.
Il suo pensiero su omogeneizzazione e globalizzazione
Secondo il sociologo polacco, il concetto di omogeneizzazione è affine a quello di omologazione e si riferisce all’assimilazione passiva di usi e abitudini presi dai modelli culturali di un contesto sociale. Oppure, e peggio ancora, questi comportamenti possono essere scelti in maniera dogmatica. Vengono quindi appresi e tramandati senza una vera riflessione critica portando poi a spersonalizzazione o alienazione.
Questo concetto sociale si lega alla questione economica prima descritta con il termine consumismo. Questo per Bauman definisce i rifiuti umani, e si lega alla globalizzazione che porta al pensiero di industria della paura.
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